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Visualizzazione dei post da gennaio, 2019

Fare marketing rimanendo brave persone – Parte 2

Conviene riprendere il filo del discorso intrapreso da Morici nel libro “Fare marketing rimanendo brave persone”, che, insieme all’altro “Fare i manager rimanendo brave persone”, credo sia paradigmatico dell’ambivalenza tra un certo sostrato imprenditoriale, intriso del capitalismo “as usual”, ma al contempo si fa carico di alcuni problemi, ecologici e sociali, che sotto certi aspetti possono venire contrapposti a quel regime consumista di accumulazione che ci ha condotto fino a qui. Segno di quell’ambivalenza è il fatto che l’autore, a partire dai titoli, gioca sulla difensiva, confrontandosi con delle opinioni del senso comune (ad esempio: marketing = consumismo, fare i manager = pensare solo al profitto). Veniamo a questa interessante riflessione: La vera domanda non è se sia giusto o meno cercare di vendere nuovi prodotti al posto dei vecchi. Credo che chiunque sarebbe d’accordo che sia giusto, per il progresso non tanto dell’economia quanto dello stesso ingegno umano, lasc

Fare marketing rimanendo brave persone – Parte 1

Dopo la lettura (e il mio relativo post su questo blog) del testo di Giuseppe Morici “Fare i manager rimanendo brave persone: Istruzioni per evitare la fine del mondo”, ho deciso di intraprendere la lettura parallela: “Fare marketing rimanendo brave persone”. Quello del marketing è un tema cruciale, poiché è lo strumento primo di “storytelling”, di creazione di desideri e di contemporanea inculturazione. Vorrei solo commentare alcuni spunti che del libro mi sono sembrati interessanti: Morici inizia con l’affermare: “Per etica del marketing, più semplicemente, intendiamo la ricerca e il mantenimento di un senso complessivo profondo di ciò che facciamo quando facciamo marketing, non in quanto fine a se stesso, ma in quanto inserito in un contesto più ampio, in cui l’uomo, la sua vita, le sue relazioni e la società intera vengono costantemente tenuti e messi in primo piano.” Ma, a quale tipo di senso complessivo vuoi che risponda il marketing? La storia ci dimostra che il

Se tuo figlio ti chiedesse: "perchè bisogna crescere?"

Le domande guidate dall’ingenuità sono quelle a cui è più difficile rispondere poiché sono domande fondamentali , ovvero ci riportano ai fondamenti dei nostri presupposti. Ebbene, cosa rispondere a un figlio che, magari guardando un telegiornale che alterna come prima notizia il leitmotiv “spettro recessione” e come ultima “emergenza climatica”, ti chiede: “perché bisogna crescere continuamente se stiamo distruggendo il pianeta con questa crescita?”. Ora, si dirà che un’osservazione del genere non è affatto ingenua e scontata, essendo l’equazione “crescita = inquinamento => distruzione del pianeta” è ben lontana dall’essere debitamente affrontata e addirittura capita. Tuttavia la constatazione di fondo: perché crescere? Resta e credo che possa mettere in difficoltà ogni genitore medio, che onestamente si alza tutte le mattine dirottando la propria intelligenza verso problemi lavorativi contingenti che non ci fanno prendere una pausa riflessiva per scendere dalla corsa verso il

Dimmi che crisi vivi e ti dirò chi sei

Facendo un po’ di storia possiamo constatare l’esistenza di tre fattispecie di crisi interconnesse: economica, energetica, ecologica. E’ particolarmente interessante studiare le crisi poiché in genere a queste seguono dei “cambi di paradigma”, delle reazioni che rimettono in discussione più semplicemente delle prassi o più strutturalmente delle strategie, se non addirittura intere ideologie. Il problema è che questi tre tipi di crisi non sono tutti sullo stesso piano, hanno caratteristiche diverse. Le crisi economiche spesso sono dirette, più o meno “improvvise” ma spesso rallentano indirettamente la crisi ecologica. Dal canto loro le crisi energetiche possono verificarsi a partire da diverse cause, più o meno dirette e impreviste, ma conducono necessariamente a crisi economiche. Infine, la crisi ecologica è la più profonda e temibile di tutte poiché conduce a crisi energetiche e quindi economiche. Ora, il problema è duplice: abbiamo un certo storico dei primi due tipi di crisi ma