Democrazia (in)diretta


Strano pensare come alcuni dei cavalli di battaglia del Movimento 5 Stelle ora si trovano al governo italiano. Eppure non sembrerebbe.
Grillo e i suoi seguaci parlavano di decrescita, andare aldilà del PIL. Certo, come dice Salvini, “nessuno si attacca ai decimali” quando ci sono in gioco interventi sociali. Eppure non si fa altro che parlare di decimali, ora dal 2,4% di deficit-Pil si arriva al 2,04%. La somiglianza apparente dei numeri sarà l’effetto 0,99 centesimi…?
Altro che aldilà del Pil, tutta la manovra è incentrata sul rilanciare la crescita.

Strano pensare come la rivendicazione dei 5 Stelle per la democrazia diretta, sul modello svizzero, vede il reddito di cittadinanza nella legge di bilancio, quando in Svizzera il reddito di cittadinanza è stato rifiutato a seguito di un’iniziativa di referendum popolare. In effetti, se la priorità è ristabilire un contatto con i cittadini, non un “contratto di governo”, perché non cambiare innanzitutto lo strumento del potere? In fondo, le regole del gioco sono essenziali e preliminari al gioco stesso. Purtroppo, che la democrazia diretta non sia una priorità, lo si vede dagli interventi fatti a tale proposito fino ad ora da questo governo, che di certo non spiccano per importanza e centralità. Democrazia diretta è innanzitutto una rivoluzione culturale, per questo richiede uno sforzo comunicativo teso a decentralizzare il potere, a teatralizzarlo sempre meno (si pensi ai politici svizzeri). All’opposto, il triunvirato mediato da Conte vede due personalità forti, in particolare Salvini, che tutto sembra tranne che un innamorato della decentralizzazione del potere, a partire dal presidio su internet che garantisce ininterrottamente. Così come la Mediaset berlusconiana si appropriava della comunicazione per condizionare gli “elettori”, allo stesso modo Salvini si teatralizza per assomigliare “al popolo”, attraverso la rete. Sotto questo punto di vista il populista è solo apparentemente amico del cittadino, visto che più che responsabilizzarlo lo infantilizza. Ciò detto, viene il dubbio che il ricorso alla democrazia diretta non rimanga che una mera pubblicità elettorale, tesa a dare continuità al vento di protesta che ha fatto gonfiare i 5 Stelle. Esattamente come viene il dubbio che lo sviluppo sostenibile offre il fianco più al “business as usual” piuttosto che a un necessario cambiamento di paradigma in senso ecologico/umanista. D’altra parte non può che essere così, lo stesso governo giallo/verde contraddice innanzitutto la democrazia rappresentativa, figuriamoci quella diretta. Un “contratto di governo” che è figlio di un compromesso più che di una maggioranza chiaramente eletta. In questo senso, figlio del compromesso è anche la sua politica, dove le priorità di mescolano. Ma, si dirà, un “male necessario” in vista di una riforma radicale. Con la filosofia del “male necessario” si diventa ciò che si voleva evitare, un partitismo che si accontenta dei piccoli passi dandoci l’impressione di farne di grandi. Così dal sogno di una democrazia diretta si passa prima a quella mediaticamente "in diretta", per poi diventare finalmente più semplicemente "indiretta".

Commenti

  1. Questo testo denota un'ottima e giusta riflessione.
    Tuttavia, dentro il quadro costituzionale italiano questo è l'unico governo che si è potuto formare (la responsabilità ricade anche su quelle forze di opposizione a priori)Finché concretamente non si potrà ottenere un esecutivo più libero da compromessi e quindi senza contraddizioni nei confronti dei programmi di due formazioni politiche, diverse per costituzione, che hanno dovuto obbligatoriamente mortificare le aspettative trasmesse in campagna elettirale, finché tutto questo non sarà possibile, io credo che valga il proverbio "piuttosto che niente è meglio piuttosto".

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