Chi l'ha detto che la sostenibilità è sostenibilie?
Chi l’ha detto che internet non
inquina?
A quanto pare i
Bitcoin, secondo l’analista finanziario Alex de Vries, rappresenteranno il 5% della domanda mondiale di elettricità entro la fine di quest'anno. Per non parlare del
consumo complessivo di internet, infatti secondo Greenpeace, nel 2020 Internet
consumerà più energia di Francia, Germania, Canada e Brasile insieme.
Non è difficile
immaginarlo, considerato che i complessi algoritmi e la mole di informazione
macinata in quantità sempre maggiori dai server (che nel frattempo si
moltiplicano), hanno bisogno di energia.
Chi l’ha detto che
l’auto elettrica non inquina?
Dopo la
delocalizzazione della produzione a basso valore aggiunto (la Cina che
progressivamente è diventata la fabbrica low cost globale), assistiamo alla
delocalizzazione ecologica. A quanto pare con l’auto elettrica riduciamo le
emissioni CO2 lì dove prima circolavano disel e benzina. Peccato che per
produrre una batteria elettrica occorre scavare ben in profondità nel
raggiungere i minerali necessari alla sua costruzione. D’altra parte il
riscaldamento climatico e la deregolamentazione ambientale non esportano i
problemi lì dove ci sono minori mezzi economici per contrastare questi
problemi?
Alla faccia del
buon Rifkin che parla di: una Europa smart, green e digitale, l'avvento
dell’Internet delle cose, l’inizio della Terza Rivoluzione Industriale.
All’opposto, si
teme che l’unica rivoluzione è quella che non ci sarà, quella che limita la
logica dell’accumulazione. Infatti, quanti pannelli fotovoltaici e quante reti
di distribuzione bisognerà costruire affinché il crescente fabbisogno
energetico possa essere sodisfatto?
A tale proposito
interessante il lavoro di Philippe Bihouix, ingegnere francese specializzato in
risorse minerarie, L'Âge des low tech. Vers une civilisation
techniquement soutenable (2014). Il punto è che affidandoci sempre di più a
tecnologie sofisticate ci affidiamo sui rispettivi materiali e processi di
costruzione, tali da generare un forte impatto energetico, per diversi motivi
tutti intuibili. L’abbassarsi dei prezzi di una tecnologia la rendono più
accessibile, più popolare. Aumentando la domanda si spreme l’offerta fino a
quando non ci si troverà di fronte a nuovi limiti, così come oggi ci troviamo
di fronte al limite delle energie fossili. Non solo, le smart-tecnologie
richiedono minerali rari da scavare sempre più in profondità, la cui
riciclabilità è parziale.
Insomma, tutto il
ciclo di vita delle tecnologie sostenibili non è altrettanto "sostenibile" (se con questo termine si intende qualcosa che può continuare con una certa continuità di lungo periodo). Questa
parzialità, se non vista, rischia di farci affrontare con cecità problemi nuovi
(di limite) con logiche vecchie (crescita irriflessiva). A questa sostenibilità si può applicare la cosiddetta "blu economy", che si fonda sull'azzeramento delle emissioni di CO2 attraverso la riciclabilità?
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